Crediamo che le storie delle persone abbiano un impatto significativo e possano ispirare il cambiamento.

MANIFESTO

Siamo giornalisti/e, fotografi/e, videomakers, autori e autrici indipendenti e precari, che documentano, raccontano e testimoniano il nostro mondo.

Ci occupiamo di diritti, di ambiente, di migrazione, di società civile e di minoranze.
Ci concentriamo sulle storie delle persone perché crediamo che le storie abbiano un impatto significativo e possano ispirare il cambiamento.

Lavoriamo “sul campo”, andando a vedere e a documentare quello che succede. E proviamo a farlo in modo approfondito, studiando e analizzando il contesto in cui lavoriamo, entrando in relazione con le persone, riportando la complessità e le sfumature dei luoghi. Evitando generalizzazioni, stereotipi e divisioni manichee del mondo. 

FADA nasce nel 2020 in un momento storico particolare, caratterizzato da proteste e movimenti di persone che in tutto il pianeta reclamano diritti, uguaglianza e giustizia sociale. Un periodo segnato da un'emergenza sanitaria che ha evidenziato le disuguaglianze sociali, ma anche l’importanza di un agire collettivo. 

Abbiamo scelto di unirci e di creare questo collettivo perché crediamo sia necessario raccontare un mondo in cambiamento, perché crediamo sia necessario batterci per dare la giusta dignità a coloro che cercano di raccontarlo sul campo: giornalisti/e, fotografi/e e videomakers. 

Vogliamo creare cultura, diffondendo, anche in Italia, storie che raramente troverebbero spazio. Ci spogliamo dalle logiche di competizione per puntare sulla qualità e sulla profondità di analisi. Aspiriamo ad un giornalismo che rimetta al centro della narrativa l’essere umano, nella sua complessità e nel suo contesto.

Da freelance, spesso isolati e costretti ad affrontare individualmente le sfide che il lavoro comporta, sentiamo l’esigenza di sentirci parte di una comunità. Diventiamo aggregato perché lavorare con altre persone sviluppa le nostre competenze aggiungendo qualità. Lo facciamo perché sentiamo la responsabilità di uscire dall’individualismo, dall’isolamento, e, nel nostro piccolo, abbattere quei muri di diffidenza che ci separano. 

FADA è uno spazio pubblico ma anche uno spazio di confronto tra giornalisti freelance che in genere lavorano individualmente.

L’obiettivo è riportare al centro i diritti delle persone, sia nella narrazione degli altri, sia nella modalità in cui svolgiamo questa professione, sempre più precaria e meno tutelata. Come si dice: l’unione fa la forza.

Ci raccontiamo con le parole di Giacomo

Il nome FADA ha origine in Niger.

Si riferisce a uno spazio pubblico di aggregazione dal basso, uno spazio di dialogo e narrazione.
Negli anni ‘80, agli albori del movimento democratico nel paese, bastava scrivere un nome sul muro esterno di una casa per iniziare a darsi appuntamento in quel punto tutte le sere, discutendo di politica, società, lavoro.  Discussioni private che diventano pubbliche, creano immaginari e cultura.

Con ‘fada’ si indicavano i consiglieri dei capi tradizionali nella società degli hausa, uno dei più grandi gruppi etnici dell’Africa occidentale, distribuito tra Nigeria, Niger, Burkina Faso e Ghana. Negli anni ‘90, quando la democrazia fa capolino in Niger e i giovani fremono per partecipare, le ‘fada’ diventano spazi pubblici di incontro e scambio su temi sociali e politici.

Scritta sui muri delle strade del paese ed affiancata a un nome - tra i più comuni, ‘L’union fait la force’ - la parola indica luoghi fisici di incontro e discussione che si protraggono fino a tarda notte.

Basta un tappeto per delimitare lo spazio e ripararsi dalla polvere, bicchieri di tè da far circolare tra i partecipanti, la voglia di confrontarsi e un nome che attiri, per far nascere impegni politici e civili, progetti di impresa, visioni della società o più semplicemente lunghe conversazioni.